L’eroe cinese, Torino, Reale, 1757

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
  Logge terrene, dalle quali si scopre gran parte della real città di Singana e del fiume che la bagna. Le torri, i tetti, le pagodi, le navi, gli alberi istessi e tutto ciò che si vede ostenta la diversità, con la quale producono in clima così diverso non men la natura che l’arte.
 
 SIVENO e MINTEO
 
 SIVENO
 Lasciami, caro amico, (Disperato)
 lasciami in pace; il mio dolor non soffre
 compagnia né consigli.
 MINTEO
                                            Ah no; sì presto
 non disperar.
 SIVENO
                            Tu mi trafiggi. Il padre
300non ricusò l'impero? Il vero erede
 oggi a scoprir non si obbligò? Che vuoi
 dunque ch'io speri più? Qual più m'avanza
 conforto a' mali miei?
 MINTEO
                                           La tua costanza.
 Mostrati, allor che il perdi,
305ch'eri degno del trono.
 SIVENO
                                            E creder puoi
 che il trono io pianga? Il meritarlo è stato,
 non l'ottenerlo, il voto mio. Si perda.
 Poca virtù bisogna
 tal perdita a soffrir. Ma tu che a parte
310sei d'ogni mio pensier, tu che col trono
 vedi involarmi, oh dio,
 il bell'idolo mio, la mia speranza,
 tu come hai cor di consigliar costanza?
 MINTEO
 Sei degno, lo confesso,
315sei degno di pietà; ma pure...
 SIVENO
                                                        Addio.
 MINTEO
 Dove?
 SIVENO
                Quindi lontan. No, non potrei
 pace qui più sperar. Di mie passate
 felicità ritroverei per tutto
 qualche traccia crudel. Mi sovverrebbe
320là quando pria mi piacque,
 qua come accolse i voti miei, le dolci
 querele in questa parte, in quella i cari
 nuovi pegni d'amore; ogni momento
 penserei quante volte e in quante guise
325di morir mi promise,
 prima d'abbandonarmi; e intanto in braccio
 d'un felice rival sugli occhi miei...
 Ah lasciami...
 MINTEO
                            Ove vai? (Trattenendolo)
 
 SCENA II
 
 ULANIA e detti
 
 SIVENO
                                               Da queste sponde
 ah lasciami fuggir. (Vuol fuggir di mano a Minteo) M'eran sì care;
330orribili or mi sono. Ah principessa, (S’incontra in Ulania)
 conosci fra' mortali
 uno al par di Siveno
 sfortunato mortal? Dov'è Lisinga?
 Seppe il caso infelice?
335Come sta? Che ne dice?
 ULANIA
                                              Al colpo acerbo
 istupidì.
 SIVENO
                   Tutto è finito. Un sogno
 fur le speranze mie. Quel cor, quel volto,
 quella man che mi diede,
 oh dio! d'altri sarà.
 ULANIA
                                      Nol credo.
 SIVENO
                                                           E come!
 ULANIA
340A costo d'un impero ella è capace
 d'esser fedel. So come t'ama ed io
 ben conosco il suo cor.
 SIVENO
                                           Ma ignori il mio.
 Soffrir che nata al soglio ella discenda
 fra i sudditi per me? D'un ben sì grande
345fraudar la patria mia? Torre all'impero
 chi può farlo felice? Ah non sia vero.
 Io non sono a tal segno
 e vile amante e cittadino indegno.
 ULANIA
 E qual altro riparo?
 SIVENO
350Fuggir.
 MINTEO
                 Ma dove?
 ULANIA
                                     E a che?
 SIVENO
                                                       Dove non abbia
 ritegni il mio martire,
 a lagnarmi, a languire,
 a piangere, a morir.
 MINTEO
                                       Senti. E Lisinga
 lasci così?
 ULANIA
                      Pria di partir l'ascolta.
 MINTEO
355Vedila almeno.
 SIVENO
                               Ah che mi dite! Ah troppo,
 troppo il suo affanno accrescerebbe il mio.
 Sugli occhi io le morrei nel dirle addio.
 
    Il mio dolor vedete,
 ditele il mio dolore.
360Ditele... Ah no, tacete,
 non lo potrà soffrir.
 
    Del tenero suo core
 deh rispettate il duolo.
 Voglio morir ma solo
365lasciatemi morir. (Parte)
 
 SCENA III
 
 ULANIA e MINTEO
 
 MINTEO
 Ulania, ah tu del volto
 so che non hai men bello il cor; t'incresca
 del povero Siveno. Ah del suo stato
 Lisinga informa e il genitor. Prendete
370tutti cura di lui. Chi sa fin dove
 trasportar lo potrebbe
 l'eccessivo dolore.
 ULANIA
                                   E tu frattanto
 perché nol siegui?
 MINTEO
                                    Oh dio non posso. Io volo
 fuor della reggia. Un popolar tumulto
375colà mi chiama.
 ULANIA
                                E chi lo desta?
 MINTEO
                                                             Ignoro
 la cagion e l'autor.
 ULANIA
                                    Dunque ad esporti
 perché corri così?
 MINTEO
                                   M'obbliga un cenno
 del vecchio Alsingo.
 ULANIA
                                       E chi è costui?
 MINTEO
                                                                    L'istesso
 che infante abbandonato
380mi trovò, mi raccolse,
 m'educò, mi nutrì. Non diemmi, è vero,
 ma serbommi la vita. Un'opra io sono
 di sua pietà, se non son io suo figlio.
 È dovuto il mio sangue al suo periglio.
 ULANIA
385(Che grato, che sincero,
 che nobil cor!)
 MINTEO
                              Rimanti in pace.
 ULANIA
                                                               Ascolta.
 MINTEO
 Che imponi?
 ULANIA
                           È ver ch'io posso
 dispor di te?
 MINTEO
                           Pommi al cimento.
 ULANIA
                                                                Io fido (Con tenerezza)
 te stesso a te. Ricordati che dei
390renderne a me ragion. Con troppo ardire
 non arrischiarti. Una sì bella vita
 merta che si risparmi.
 MINTEO
                                            Ah mio tesoro!
 Ah bell'idolo mio! Tu m'ami.
 ULANIA
                                                       Io? Quando
 dissi d'amarti?
 MINTEO
                               Il tuo timor, le care
395premure tue, quel rimirar pietoso,
 quel modesto arrossir mel dice assai.
 ULANIA
 Ah Minteo, che ti giova, or che lo sai?
 MINTEO
 
    Oh quanto mai son belle
 le prime in due pupille
400amabili scintille
 d'amore e di pietà!
 
    Tutta s'appaga in quelle
 un'innocente brama.
 Non v'è, per chi ben ama,
405maggior felicità. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ULANIA e poi LISINGA
 
 ULANIA
 Debole Ulania! I tuoi ritegni ha vinto
 alfine amor. Ma sì gran colpa è dunque
 render giustizia alla virtù? Celarmi
 doveva almeno. E di celar l'amore
410l'arte dov'è? Fra i più felici ingegni
 se alcun l'ha ritrovata, ah me l'insegni!
 LISINGA
 Ulania, e in questo stato (Affannata)
 la germana abbandoni? Io mai non ebbi
 d'aiuto e di consiglio
415maggior bisogno. Ah tu non ami! Avresti
 maggior pietà, quando languir mi vedi.
 ULANIA
 Mi fai torto; ho pietà più che non credi.
 LISINGA
 Dunque m'assisti; io non son più capace
 di consigliar me stessa. In un istante
420bramo, ardisco, pavento,
 penso, scelgo, mi pento; e mentre in mille
 dubbi così m'involvo,
 mi confondo, mi stanco e non risolvo.
 ULANIA
 Odimi. Io nel tuo caso
425tutto in un foglio al padre
 il mio cor scoprirei.
 Ei t'ama e tu non dei
 temer che de' tuoi giorni il corso intero
 voglia render funesto.
 LISINGA
                                           È vero, è vero. (Pensa e poi risoluta)
430Sì, tu fa' che a me venga
 il tartaro messaggio; ed io frattanto
 volo il foglio a vergar. (S’incammina)
 ULANIA
                                           Vado. (Fa lo stesso)
 LISINGA
                                                        Ah t'arresta. (Si ferma irresoluta)
 Pria che torni il messaggio,
 chi mi difenderà? Vorrà Leango
435obbligarmi a compir...
 ULANIA
                                            Va' dunque a lui,
 parlagli; a tua richiesta
 gl'imenei differisca.
 LISINGA
                                        Andiamo... E quale (Va e s’arresta irresoluta)
 della richiesta mia
 cagione ho da produr? Scoprirmi amante?
440È duro il passo. Ah se un motivo almeno...
 Ma dove è mai Siveno? (Impaziente)
 Perché non vien?
 ULANIA
                                   Di comparirti innanzi
 non ha più cor.
 LISINGA
                               Dunque il vedesti?
 ULANIA
                                                                    Il vidi.
 LISINGA
 Che ti disse? Che pensa?
 ULANIA
445Pensa a partir.
 LISINGA
                              Stelle! E perché?
 ULANIA
                                                               Paventa
 il suo dolore e il tuo; né vuol più mai
 esporsi...
 LISINGA
                    E già partì? (Con ansietà)
 ULANIA
                                            Nol so.
 LISINGA
                                                           Nol sai? (Con isdegno)
 E questo... Olà. Che tradimento! E questo,
 barbara, mi nascondi? Olà, Siveno (Compariscono due tartari)
450si cerchi, si raggiunga,
 si riconduca a me. (Partono i tartari)
 ULANIA
                                     Deh ti consola;
 forse...
 LISINGA
                Lasciami sola; (Con isdegno)
 involati al mio sguardo.
 ULANIA
                                              Oh dio! Germana...
 LISINGA
 Germana! Ah questo nome
455non profanar. Nemica mia tu sei
 la più crudele. A quel tuo cor di sasso
 la natura non diede
 senso d'amor, d'umanità, di fede.
 ULANIA
 M'insulti a torto. In tante angustie anch'io
460mi perdo, mi confondo e rea non sono,
 se tu nol sei. Barbara a me! Per lei
 di me stessa mi scordo; e questa è poi
 la mercé che mi dona!
 Resta, resta pur sola. (In atto di partire)
 LISINGA
                                          Ah no; perdona,
465perdona, Ulania amata;
 mi fece vaneggiar la mia sventura.
 Va', m'assisti, proccura
 che non parta Siveno. Ah va', ti muova
 il mio stato, il mio pianto.
 ULANIA
470Vado; ma tu non avvilirti intanto.
 
    Quando il mar biancheggia e freme,
 quando il ciel lampeggia e tuona,
 il nocchier che s'abbandona
 va sicuro a naufragar.
 
475   Tutte l'onde son funeste
 a chi manca ardire e speme;
 e si vincon le tempeste
 col saperle tollerar. (Parte)
 
 SCENA V
 
 LEANGO e LISINGA
 
 LISINGA
 Se perdo il mio Siveno,
480numi, che fia di me! Grave a me stessa...
 LEANGO
 Alfine, o principessa,
 posso offrirti palesi
 gli omaggi ch'io ti resi
 finor con l'alma. Oggi la mia sovrana,
485oggi sarà di questo ciel Lisinga
 la più lucida stella. Oggi raccolta
 nel talamo real...
 LISINGA
                                 Leango, ascolta.
 Se dispor degl'imperi
 fu dal destino a tua virtù concesso,
490dispor del core altrui non è l'istesso.
 Il cor leggi non soffre. A mio talento
 ho disposto del mio;
 a questo ciel cerca altra stella. Addio.
 
    Se fra catene il core
495ho da sentirmi in sen,
 scegliere io voglio almen
 le mie catene.
 
    Se perdesi in amore
 pur questa libertà,
500qual gioia resterà
 fra tante pene? (Parte)
 
 SCENA VI
 
 LEANGO, poi SIVENO
 
 LEANGO
 Disingannarla io pur vorrei. No, prima
 che i Tartari sian giunti,
 è rischio avventurar. Che rechi? Un foglio! (Un paggio si presenta)
505Porgilo e parti. (Gli dà una lettera e si ritira)
 SIVENO
                               A lei vuol ch'io ritorni (Dubbioso senza veder Leango)
 la mia bella Lisinga; io sudo, io tremo
 nell'appressarmi a lei. No... Ma poss'io
 trasgredire un suo cenno?
 LEANGO
                                                  Astri benigni,
 eccomi in porto. Il tartaro soccorso
510pur giunto è alfin. (Rilegge)
 SIVENO
                                     Lisinga il vuol, si vada...
 (Il genitor! No, sì confuso almeno
 non vogl'io ch'ei mi vegga). (Vuol partire)
 LEANGO
                                                     Odi, Siveno, (Siveno s’arresta)
 fermati. (Il ciel l'invia).
 SIVENO
                                              (Che dirgli mai? (S’arresta da lontano)
 Quali scuse...)
 LEANGO
                             Ah signor! (Vuole inginocchiarsi)
 SIVENO
                                                   Padre! Che fai? (Sollevandolo)
 LEANGO
515Non son più padre tuo.
 SIVENO
                                             Perché! Tu piangi!
 Misero me! Dell'improvviso pianto,
 che tu versi dal ciglio,
 ah forse il figlio è reo?
 LEANGO
                                           Non ho più figlio.
 SIVENO
 Intendo, intendo; un temerario amore
520tu disapprovi in me. Perdona, è vero,
 Lisinga è l'idol mio. La colpa è grande;
 ma la scusa è maggior. Dov'è chi possa
 vederla e non amarla?
 LEANGO
                                           Amala; è giusto
 che la tua sposa adori.
 SIVENO
                                           Ah padre, ah questo
525scherzo crudel troppo il mio fallo eccede.
 Lo so, lo so; tu del cinese impero
 hai destinato a lei
 lo sconosciuto erede.
 LEANGO
                                        E quel tu sei.
 SIVENO
 Che?
 LEANGO
             Tu sei quello. Io ti serbai bambino
530fra la strage de' tuoi; ressi finora
 quest'impero per te; sempre quel giorno,
 in cui render sicuro
 te potessi al tuo soglio, io sospirai;
 quel giorno è giunto. Ora ho vissuto assai.
 SIVENO
535Io... Non m'inganni?
 LEANGO
                                         No. Tu sei Svenvango,
 del gran Livanio ultimo figlio.
 SIVENO
                                                         E il trono...
 LEANGO
 E il trono è tuo retaggio.
 SIVENO
 E Lisinga...
 LEANGO
                        È tua sposa.
 SIVENO
                                                Oh sposa! Oh giorno!
 Oh me felice! Ah sappia
540l'idolo mio... (Vuol partire)
 LEANGO
                           Dove t'affretti?
 SIVENO
                                                         A lei.
 LEANGO
 Ferma e se m'ami in questo stato altrui
 non ti mostrar; ti ricomponi e pensa...
 SIVENO
 Oh dio! Piange Lisinga.
 LEANGO
 A consolarla io stesso
545con tal novella andrò. Nel maggior tempio
 mentre il Senato, i sacerdoti, i duci
 s'aduneran, tu solitario attendi
 me ne' tuoi tetti; e al nuovo peso intanto
 l'alma incomincia a preparar. Rifletti
550quanti popoli in te, Svenvango, avranno
 oggi un padre o un tiranno, a quanti regni
 tu la miseria or proccurar potrai,
 tu la felicità, che a tutto il mondo
 t'esponi in vista, e sarà il mondo intero
555giudice tuo, che i buoni esempi o rei
 ammirati sul trono
 son delle altrui virtù prime sorgenti,
 che non v'è fra' viventi
 ma v'è nel ciel chi d'un commesso impero
560può dimandar ragion, chi, come innalza
 quei che reggere in terra
 san le sue veci a benefizio altrui,
 preme così chi non somiglia a lui.
 SIVENO
 Sì, caro padre mio, sarò... Vedrai...
565Ah troppo vorrei dir. Lisinga... Il trono...
 I benefizi tuoi...
 LEANGO
                                Non affannarti.
 Tutto intendo, o signor.
 SIVENO
                                             Signor mi chiami?
 Ah no, chiamami figlio. Ah questo nome
 è il mio pregio più grande. Io che sarei
570senza di te? Tu solo
 padre, benefattor, maestro, amico,
 tutto fosti per me; tutta io ti deggio
 la mia riconoscenza, il mio rispetto,
 l'amor mio, la mia fede...
 LEANGO
575Figlio, ah non più! La tenerezza eccede. (Abbracciandolo con tenerezza e poi ritirandosi con rispetto)
 
    Perdona l'affetto
 che l'alma mi preme,
 mia gloria, mia speme,
 mio figlio, mio re.
 
580   Di stringerti al petto
 mi ottengano il vanto
 quel sangue, quel pianto
 ch'io sparsi per te. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 SIVENO, poi MINTEO in fretta
 
 SIVENO
 Oh sorpresa! Oh contento! Ah quando il sappia,
585ah che dirà la mia Lisinga?
 MINTEO
                                                    Amico, (Affannato)
 è teco alcun?
 SIVENO
                           Son solo.
 MINTEO
                                              Oh ignote! Oh strane
 vie del destin!
 SIVENO
                             Che mai t'avvenne?
 MINTEO
                                                                   Alfine
 dell'impero cinese
 è il successor palese.
 SIVENO
                                        Onde sì presto
590giunse a te la novella?
 MINTEO
                                           E a te chi mai
 sì presto la recò?
 SIVENO
                                  Leango.
 MINTEO
                                                   Avresti
 potuto immaginar che il tuo Minteo
 fosse un monarca?
 SIVENO
                                     Che!
 MINTEO
                                                 Che fossi il figlio
 io di Livanio?
 SIVENO
                             Tu!
 MINTEO
                                      Sì; d'un evento
595strano così per informarti io corsi
 e il primo esser credei; ma già che il sai,
 non trattenermi. È necessaria altrove
 la mia presenza.
 SIVENO
                                 Odimi. (Oh ciel!) Chi disse
 a te che sei Svenvango?
 MINTEO
                                              Il vecchio Alsingo...
 SIVENO
600Quei che ignoto bambin...
 MINTEO
                                                  Bambino ignoto
 per salvarmi mi finse. I miei natali,
 le indubitate prove, il nome mio
 poc'anzi sol mi fe' palese. Addio.
 SIVENO
 Sentimi. (Dove son!) Ma come Alsingo
605tacque finor?
 MINTEO
                            Finor fu vuoto il trono
 ed Alsingo attendea
 tempo a parlar senza mio rischio.
 SIVENO
                                                               Ed oggi
 perché parlò?
 MINTEO
                            Perché fu il trono offerto
 oggi a Leango. Oh se vedessi come
610il popolo n'esulta e qual... Ma troppo
 l'amistà mi seduce e può tumulti
 produr la mia dimora. Addio, Siveno,
 vieni al mio seno ed in qualunque stato
 sappi ch'io serbo a te l'affetto antico.
 SIVENO
615Ferma un istante ancor.
 MINTEO
                                              Non posso, amico. (Parte in fretta)
 
 SCENA VIII
 
 SIVENO e poi LISINGA
 
 SIVENO
 Giusto ciel, che m'avvenne!
 Son Svenvango o Siveno?
 Dove son? Chi son io? M'inganna il padre?
 Mi tradisce l'amico?
 LISINGA
                                        Ah mio tesoro! (Allegrissima)
620Ah mio sposo! Ah mio re! Posso una volta
 chiamarti mio?
 SIVENO
                                (Misero me! Che dirle?
 La trafiggo, se parlo). (Confuso)
 LISINGA
                                           Oggi co' numi
 la mia felicità non cambierei.
 Oggi... Ma tu non sei
625lieto, ben mio?
 SIVENO
                               (Questo è martir!)
 LISINGA
                                                                   Che avvenne?
 Forse non m'ami più?
 SIVENO
                                           T'amo, t'adoro,
 sei tu l'anima mia. (Confuso)
 LISINGA
                                      Parlasti al padre?
 SIVENO
 Gli parlai.
 LISINGA
                      Non ti disse
 che Svenvango tu sei?
 SIVENO
                                           Mel disse.
 LISINGA
                                                                E ch'io
630son la tua sposa?
 SIVENO
                                  Il disse ancor.
 LISINGA
                                                              Ma dunque
 di che t'affliggi in sì felice stato?
 Parla.
 SIVENO
              Ah, mia vita, a sospirar son nato.
 LISINGA
 
    Perché, se re tu sei,
 perché, se tua son io,
635perché, bell'idol mio,
 sei nato a sospirar?
 
 SIVENO
 
    Non so se mia tu sei,
 non so se re son io;
 parmi, bell'idol mio,
640parmi di delirar.
 
 LISINGA
 
    Spiegati.
 
 SIVENO
 
                       Io... Sappi... Addio.
 
 LISINGA
 
 Così mi lasci ingrato?
 
 A DUE
 
 Ah non è stanco il fato
 di farmi palpitar!
 
 Fine dell’atto secondo